Questo articolo è il frutto del reportage effettuato nell'estate 2017 insieme a Mattia Alunni Cardinali sul City Plaza di Atene, un hotel occupato e divenuto luogo di accoglienza per rifugiati fino al 2019. L'articolo è pubblicato integralmente qui
We struggle together, we live together
Molto è stato scritto sulla struttura di accoglienza auto-organizzata all'interno dell'ex hotel Ateniese City Plaza, ormai diventata un modello di accoglienza studiato dal mondo scientifico e seguito dalla stampa internazionale. City Plaza non è soltanto uno dei tanti luoghi diventati rifugio per migranti e rifugiati in tutta Europa, laddove la risposta delle istituzioni non arriva. City Plaza è una sfida, il frutto di un pensiero collettivo basato sull'auto-organizzazione e la solidarietà, il risultato di oltre 20 anni di esperienza e lavoro della rete politica DIKTYO (Network for Social and Political Rights); quest'ultima è un network indipendente della sinistra radicale Greca che propone un modello alternativo di organizzazione della società basata sull'auto-gestione e la collaborazione "orizzontale".
Ci siamo proposti quindi di passare del tempo al City Plaza per comprenderne a fondo il funzionamento, incontrare le persone che hanno dato vita a questo progetto e che lo sostengono quotidianamente.
Al nostro arrivo Calais ci accoglie subito senza cerimonie. Per chi arriva dal Regno Unito l'importanza della situazione si delinea già dall'uscita degli arrivi dei traghetti percorrendo il labirinto di asfalto che conduce all'uscita del porto. La nuovissima e candida recinzione alta quattro metri e sormontata da filo spinato non abbandona mai la cornice del finestrino dell'auto, mentre di tanto in tanto poliziotti armati e in assetto antisommossa sfilano veloci ai lati della strada. Il vento che viene dal mare spazza senza tregua la larga distesa di Silicio che si estende a perdita d'occhio lungo il litorale Francese. Mentre il sole tramonta dietro la Gran Bretagna, una sottile e sbiadita ombra che fa capolino lungo la linea dell'orizzonte, sulla spiaggia gli ultimi bagnanti si affrettano a raccogliere le loro cose per andare a godersi la loro razione quotidiana di moules in uno dei tipici ristoranti sul lungomare. All'interno del paese i pochi edifici storici della città sono stati assorbiti dall'architettura popolare degli anni '60, che però non è riuscita a mantenere Calais al passo con i tempi, facendola diventare ormai una meta di seconda scelta per i turisti all'ultimo grido.